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MALATTIE GENETICHE MENDELIANE - RICERCA DEI PORTATORI ETEROZIGOTI - INDAGINE PRECONCEZIONALE E PRENATALE - FIBROSI CISTICA - 1 PORTATORE OGNI 25 IN POPOLAZIONE - 1 MALATO OGNI 2500 NATI VIVI  

 

 

Fibrosi Cistica. La Fibrosi Cistica è una malattia genetica autosomica recessiva, cronica, evolutiva, caratterizzata dalla produzione di muco particolarmente denso, viscoso, che tende ad ostruire i bronchi ed i dotti del pancreas. La frequenza dei portatori sani nella popolazione italiana è di circa 1 su 25. L’incidenza della malattia è di circa 1 su 2.500 nati vivi. La malattia si manifesta per lo più entro i primi anni di vita, talora più tardivamente, danneggiando l’apparato respiratorio (con presenza di tosse persistente, bronchiti ricorrenti, sinusite, poliposi nasale) e disturbi digestivi (con difficoltà nella crescita). Nonostante il decorso e la prognosi della fibrosi cistica siano notevolmente migliorati negli ultimi decenni, soprattutto per i pazienti diagnosticati precocemente, allo stato attuale non si ottiene la guarigione e la durata media della vita è ridotta rispetto a quella della popolazione generale.

Come si trasmette la malattia. La fibrosi cistica è determinata da mutazioni a carico del gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che codifica per una proteina situata sulla membrana cellulare delle cellule epiteliali, che regola lo scambio degli ioni cloro e sodio con l’ambiente extracellulare. Essendo una malattia autosomica recessiva, in un malato di fibrosi cistica entrambe le copie del gene sono mutate. La presenza di una sola mutazione in eterozigosi determina una condizione di portatore sano della malattia. Una coppia di portatori sani, ad ogni gravidanza, ha una probabilità del 25% di avere un figlio affetto, una probabilità del 50% di avere un figlio portatore sano della malattia e una probabilità del 25% di avere un figlio sano e non portatore.

Il test genetico. L’analisi molecolare prevede la ricerca di un’eventuale mutazione nel gene CFTR su DNA estratto da sangue periferico. Le mutazioni possibili nel gene CFTR sono numerosissime (~1800), molte di esse sono rare, molte altre ancora sconosciute e non tutte ancora identificabili. Per effettuare l’analisi viene utilizzato un kit basato su amplificazione genica multipla fluorescente allele-specifica per la rilevazione di alleli normali di alleli mutati nel gene CFTR e prevede la ricerca delle 36 mutazioni più frequenti, che vengono riportate in dettaglio sul referto, e che permettono una caratterizzazione del 75% circa delle mutazioni note presenti nella popolazione italiana. Il rischio residuo di essere portatori dopo aver eseguito il test è di circa 1 su 95. L’analisi fornisce informazioni solo riguardo alla fibrosi cistica.

Quali risultati può dare l’analisi genetica e che implicazioni comporta per la gravidanza. Nel caso di richiesta di analisi molecolare per Fibrosi Cistica in gravidanza, il test viene innanzitutto effettuato sulla coppia per valutare l’eventuale stato di portatore per ognuno dei genitori; solo successivamente, nel caso che un genitore od entrambi risultino portatori di una delle mutazioni ricercate, viene valutata la necessità di effettuare la diagnosi prenatale molecolare (diagnosi di malattia sul feto e diagnosi di esclusione di malattia sul feto;vedi oltre). Con l’attuale analisi si possono avere due tipi di risultati: 1 l’analisi individua nel DNA la presenza di una mutazione del gene CFTR (soggetto “positivo” al test): questo risultato evidenzia che il soggetto è un portatore; 2 l’analisi non individua la presenza di mutazioni del gene della fibrosi cistica (soggetto “negativo”al test): questo risultato evidenzia che il soggetto ha una probabilità diminuita, rispetto a prima dell’analisi, di essere un portatore. l'analisi non esclude del tutto la probabilità che il soggetto sia portatore, perchè non è possibile escludere la presenza di tutte le numerosissime mutazioni del gene della fibrosi cistica. Ciò implica che: 1) se entrambi i membri di una coppia sono negativi al test, la probabilità di avere un figlio affetto è inferiore a quella della popolazione generale (1 probabilità su 40.000); 2) se entrambi risultano positivi al test (entrambi portatori), il rischio di avere un figlio affetto è pari al 25% (1 probabilità su 4) ad ogni gravidanza. In questo caso la coppia può fare ricorso alla diagnosi prenatale per la diagnosi di malattia nel feto; 3. se un genitore è positivo al test (portatore) e l’altro è negativo, il rischio di avere un figlio affetto è superiore a quello della popolazione generale (cioè ≅1 probabilità su 400). In questo caso è opportuno procedere allo screening di secondo livello sul genitore negativo al test per la ricerca di altre mutazioni e abbassare il rischio residuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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